Il fallimento alla Roma e l’incubo del derby: carriera bruciata da un episodio | “Non sono stato all’altezza”
Un’esperienza da incubo quella in giallorosso in sé e per sé, con l’aggravante derby. Lo sfogo, ripensando a quel fallimento.
Roma, una piazza tanto passionale quanto complessa. Come altre città è divisa in due, una sponda del Tevere è giallorossa, un’altra biancoceleste. Ma a differenza di tutte le altre città con il derby in casa, ha nella comunicazione una variabile impazzita.
Una quantità di media clamorosa, probabilmente un unicum. Basta girare una stazione radio, siti online specializzati (più Roma che Lazio, ma siamo lì), carta stampata annessa. Pro e contro che s’intrecciano e s’intersecano creando qualcosa di magico ma al tempo stesso terribile.
È diversa la pressione a Roma, sponda giallorossa o biancoceleste fa lo stesso. Il primo ad accorgersene e ribadirlo in tutte le sue interviste a tema, Fabio Capello: entusiasta per la passione, infastidito da tutte quelle voci.
Non tutti i giocatori riescono a convivere con questo mostro sacro. Sì perché se ti etichettato in un certo modo, difficile far cambiare idea al popolo. Così l’esperienza nella Capitale diventa un incubo se sbagli un derby.
Effetto (nefasto) derby
È capitato questo a Rodrigo Piris, difensore paraguaiano classe 1989, arrivato a Roma in prestito oneroso dal San Paolo per 700 000 euro, con diritto di riscatto fissato a 4 milioni, con annesso quadriennale a 500.000 euro a stagione fino al 30 giugno 2017.
Il primo paraguaiano a vestire giallorosso passa una stagione talmente da incubo che, pur collezionando 29 presenze, non viene riscattato ma ceduto allo Sporting Lisbona. Un po’ meglio a Udine, tornando in Italia, ma quell’esperienza nefasta ha ricordi indelebili.
L’ammissione di un fallimento
“La spazza Piris“, un tormentone nelle radio romaniste, un motivo di sfottò da parte dei tifosi della Lazio, diventato persino una scritta sui muri dopo il derby vinto dai biancocelesti per 3-2 nel novembre 2012. Da un suo rinvio sbagliato nacque il gol di Mauri, un errore che pregiudicò la sua esperienza con la Roma, a tal punto da segnare tutta l’annata.
“Mi è dispiaciuto non essere stato all’altezza“. Questa l’ammissione del fallimento di Rodrigo Piris, a detta dello stesso terzino paraguaiano che si sarà pure riscattato a Udine, ma quella stagione lì, all’ombra del Colosseo, è rimasta da incubo al sol pensiero di un ricordo che gli mette una tristezza infinita. A Roma funziona così (colpa anche dei media) oggi alle stelle, numero uno, domani sei un flop e non ti fila più nessuno. Se non per la nomea di bidone.