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“È troppo pericoloso”: petardi, fumogeni e spari della Polizia dopo la partita | Attimi di paura raccontati dal telecronista

Ultras
Neanche gli stadi bunker riescono a fermare gli Ultras – ansa – IlPosticipo.it

Gli stadi bunker non fermano la violenza negli stadi: petardi, fumogeni e spari della Polizia, succede di tutto nel dopo gara.

In un mondo, più o meno civilizzato, dove ormai tecnologia e Intelligenza Artificiale controllano le nostre vite praticamente sorvegliandoci ventiquattr’ore su ventiquattro, aggirando la nostra privacy in nome della tanto chiacchierata sicurezza, il fenomeno della violenza negli stadi non è stato ancora debellato del tutto.

Eppure ci sono norme sempre più severe, piovono Daspo e arresti, gli Ultras si sono evoluti e ormai dialogano con i club, come evidenziato dall’ultimo caso di Milano. Eppure la violenza negli stadi esiste ancora, basta ascoltare le notizie provenienti dalla Serie B.

Che Cremonese-Brescia fosse un derby molto acceso, sentito e anche un po’ partita a rischio, si sapeva. Ma gli applausi per le duecento presenze del grigiorosso Castagnetti, l’emozioni e il pathos tipico da derby, volendo anche la beffa per la Cremonese, raggiunta dal Brescia in pieno recupero per una perla di Moncini, passa tutto in secondo piano.

Sono gli scontri tra le opposte tifoserie a conquistare le pagine dei giornali, locali e non. Scontri nel pre e nel post partita, nei nei pressi dello stadio Giovanni Zini. Come racconta dettagliatamente il Giornale di Brescia, la tensione è esplosa quando i due gruppi di supporter si sono incrociati tra via Dante e via Orti Romani, strade che portano direttamente all’impianto sportivo.

Scene già viste (ahinoi)

Secondo una prima ricostruzione della Questura, un gruppo di tifosi bresciani avrebbe provocato gli ultras della Cremonese, scatenando il parapiglia. Momenti di caos, petardi, fumogeni e spari della Polizia con tifosi che si inseguivano e si spintonavano nelle vie circostanti lo stadio.

Già, lo stadio. Uno stadio ormai trasformato in bunker un po’ in tutta Italia non basta ancora a debellare un fenomeno sempre presente in Italia. Anche se niente a confronto di quanto capita in Sudamerica.

Tifosi Sao Paulo
Tifosi del San Paolo e sempre le stesse scene in Copa Libertadores – ansa – IlPosticipo.it

Copa Libertadores? Altro che festa per la vittoria

Da quelle parti la Champions League è l’occasione per farsi del male. Gli esempi si sprecano nella storia della Copa Libertadores. E fa niente se la finale è in Argentina o in Brasile, si rischia sempre in qualsiasi parte dei paesi sudamericani. Ne sa qualcosa Massimo Callegari, che ha raccontato le sue, di recente, nel podcast di Centrocampo. Il noto telecronista di DAZN, un passato nelle giovanili della SPAL, un’annata in Promozione da centrocampista (col numero otto), pensava di vivere qualcosa di unico.

Ma i foschi presagi si sono subito manifestati nella finale tutta brasiliana di San Paolo tra i paulisti e l’Atletico Paranaense. “La postazione era nella parte opposta delle telecamere – narra – quindici secondi per capire che il monitor era ribaltato rispetto alla mia prospettiva”. Finita la partita Callegari si voleva godere dei tifosi. Altro che festa per la vittoria del San Paolo. “Mi aspettavo la festa nella città della squadra che vince la Copa Libertadores, invece, mi avevano detto di non andare perché pericolosissimo: fumogeni, petardi, la polizia spara per aria”. E così è stato.